La Repubblica e le lotte tra patrizi e plebei

Caduta la dominazione etrusca il periodo successivo fu caratterizzato da grandi dissidi interni ed esterni, internamente si scatenò una lotta tra i patrizi, i quali con l’esilio del re avevano conquistato il potere, ed i plebei i quali, nonostante l’aver perso l’appoggio della monarchia, presero comunque coscienza delle proprie capacità e individuarono i mezzi di cui potevano disporre per potersi affermare.
I patrizi detenevano sia il potere politico che quello economico, il primo attraverso il controllo del Senato, delle magistrature civili e religiose e delle leggi, il secondo invece dovuto alla loro maggiore ricchezza, i plebei invece lottarono duramente per poter partecipare alla vita politica ottenendo propri magistrati, i tribuni della plebe, e una propria assemblea; poi la nomina dei decemviri per la stesura di un codice di leggi scritte e non arbitrarie, le XII tavole; l’istituzione dei comizi tributi, aperti ai plebei e dotati di funzioni legislative; quindi l’accesso a varie magistrature.
Inoltre alcune leggi limitavano l’ingerenza dei più ricchi favorendo così la lenta ma inesorabile eliminazione del potere economico-politico del patriziato, si sviluppava anche la nobiltà, alla quale potevano accedere anche le famiglie plebee che erano riuscite a raggiungere una posizione elevata.
La fresca Repubblica rivelò ben presto le mire espansionistiche che l’avrebbero portata al controllo dell’intera penisola in circa due secoli, infatti si confrontò subito coi suoi vicini laziali, tra la caduta della monarchia e l’invasione gallica (509-390), la vittoria al lago Regillo (496 a.C.) contro la Lega Latina, la conquista di Veio che segnò la fine della presenza etrusca (396 a. C.) e non meno importanti le tre aspre guerre Sannitiche (343-290 a. C.), le quali crearono i presupposti per la creazione di uno stato federale romano-latino, formato da un vasto territorio nel quale nacquero molte colonie, inoltre questo successo portò Roma a contatto con le città greche dello Jonio, le quali a loro volta erano entrate nelle mire espansionistiche del regno d’Epiro il cui re, Pirro, sbarcò in Italia nel 280 a.C. su richiesta di Taranto, con un esercito agguerrito nel quale erano presenti anche degli elefanti.
Roma si trovò così coinvolta in un duro scontro, dal quale ne uscì vittoriosa nonostante alcuni passi falsi, costringendo Pirro ad andare via e conquistando definitivamente le città greche, in pratica nella seconda metà del III secolo a.C. Roma era diventata padrona dell’ Italia, dalle foci dell’Arno e del Rubicone a nord, fino allo stretto di Messina a sud, affacciandosi così sul Mediterraneo.
In questo periodo la lotta tra patrizi e plebei e la trasformazione di Roma da una piccola città-stato in capitale di una grande confederazione di popoli, cambiarono in maniera profonda la stessa società, teoricamente il potere si fondava sulle varie assemblee popolari, che erano i comizi curiati, centuriati, tributi e il concilio della plebe, in realtà l’effettiva potestà era esercitata dal Senato, l’assemblea costituita dai membri delle famiglie più importanti e ricche, mentre il potere esecutivo era detenuto dai magistrati: consoli, pretori, censori, edili, questori e tribuni della plebe.

                             

 

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